LEVRIERI SARDI SEGRETI

9 agosto 2015 - Sardegna

Stiamo percorrendo una strada deserta dell'entroterra sardo senza una meta precisa quando, con la coda dell'occhio, mi sembra di avere un'apparizione levrieroide. Fermiamo la macchina e torniamo indietro. Ebbene sì, ero di fronte ad un esemplare puro e molto bello di Levriero Sardo.

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Mi torna immediatamente alla memoria un articolo letto qualche anno fa sulla quasi estinzione di un'antica razza di levrieri autoctona.
Finalmente avrei potuto saperne di più e lo avrei fatto a qualsiasi costo.
Caso vuole che attorno alla zona dove trovano rifugio gli ultimi cavalli selvatici d'Europa, ovvero il Parco della Giara, vi siano anche gli ultimi esemplari di Levriero Sardo.

Cerchiamo a Villamar il famoso allevatore Franco Pitzalis, del quale leggiamo un articolo sul web, ma non lo troviamo a casa perchè è a pascolare le sue pecore. Decidiamo quindi di riprovare più tardi e nel frattempo iniziamo a perlustrare la zona attentamente.
Il paesaggio è brutalmente desolato e rurale. Le uniche strutture all'orizzonte sono assemblamenti di materiali di recupero e serragli arrugginiti abitati da animali da fattoria, quando, in mezzo ad un gregge di pecore, intravvediamo nonno Fabiano con i suoi due levrieri. Ci avviciniamo sorridendo e cerchiamo un dialogo dichiarando subito, in segno di fratellanza, che anche noi possediamo dei levrieri. Il suo volto si illumina, le rughe frontali si rilassano e ci ritroviamo a chiaccherare con un pastore dall'animo buono, molto affezionato ai suoi cani, che porta con sè a pascolare solo per avere un po' di compagnia. Ci racconta che uno dei due è per metà Pastore Maremmano-Abruzzese e l'altro puro. Pare infatti che qualcuno utilizzi i Levrieri Sardi come cani pastore, ancor meglio se non proprio puri, ma per lui sono solo due cani di famiglia con cui giocano i nipotini, niente di più. Non c'è dubbio che vengano trattati con dolcezza perchè cercano subito il contatto fisico e si fanno coccolare da me per buona parte del tempo della nostra chiaccherata.

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Salutiamo Fabiano, il sole sta già scendendo verso l'orizzonte, e ci indirizziamo, su suo consiglio, a trovare Gianni, il boss dei levrieri, a pochi km da lì, sulla collina.
Lo troviamo in compagnia di Marco, un amico, mentre sta cercando di medicare uno dei suoi levrieri che si è ferito alla testa durante la notte.

Con loro passeremo uno dei tramonti più intensi di tutta la vacanza.

Si vede subito che è un tipo rude, invecchiato da una vita di pastorizia per la quale, parole sue, non ha mai fatto un giorno di vacanza in tutta la sua vita, ma con quel sorriso, realmente sotto i baffi, è riuscito ad incantarci con i suoi racconti fino al calare della notte.
Io e il mio compagno facciamo domande dirette, senza inibizioni e senza mostrare posizioni o ideologie, per poter entrare nella sua vita e in un mondo che iniziava a ricordarmi qualcosa... Gianni infatti potrebbe essere il corrispettivo di un galguero all'italiana: sì perchè lui con i levrieri va a caccia di cinghialetti. Quando ce lo dice è un po' imbarazzato, perchè è una caccia illegale ed è come se se ne vergognasse.
Tutto questo mi fa un certo effetto anche perchè il Levriero Sardo è molto simile, se non quasi identico, al galgo spagnolo da lavoro, l'unica differenza è che spesso le orecchie vengono portate erette.

Notiamo subito che i tre levrieri presenti non sono puri, infatti ci spiega che per questo tipo di caccia vengono irrobustiti con i Dogo Sardi, razza che alleva il suo amico Marco; ma Gianni preferisce cacciare con i levrieri, perchè a differenza dei Dogo, ne può tenere tanti assieme. Al momento infatti ne ha una ventina (anche se ci ha raccontato di averne avuti anche cinquanta).

Per farci vedere tutti i componenti del suo branco, si allontana da noi una decina di metri, si volta verso la valle, ed emette un forte suono con la bocca tipo cervo in amore.
E' in quel preciso istante che ho assistito ad una delle scene più belle della mia vita, tanto da competere addirittura con i safari africani.

Il tramonto era infuocato e i levrieri che erano sempre rimasti lì, ma mimetizzati nell'ambiente, si alzano lentamente come dei felini e si avvicinano da lontano da qualsiasi direzione io guardassi. Qualcuno era sdraiato tra i cespugli, qualcuno ci guardava da in cima a grandi rocce, ma tutti insieme, senza fretta, venivano verso di noi. Travolta da un'ondata di emozioni e dalla consapevolezza di non aver mai visto dei cani così integrati nella natura come in quel momento, come non pensare ai levrieri nelle nostre città? Ho fatto subito uscire dal furgone i miei due cani milanesi perchè godessero, anche se per poche ore, di tutto quel bendidìo di orizzonti e spazi aperti in compagnia del branco di cugini selvaggi.

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Mi racconta di quanto sia dura e cruenta la caccia perchè, non potendo usare armi, lui e il suo gruppo di amici, si attrezzano di coltello per “finire” il cinghiale con le loro mani. Cerco di non farmi prendere dal giudizio e volgo il mio sguardo verso i cani, rilassati in quel fantastico tramonto. A differenza dei cani di Fabiano, loro sono diffidenti e non interessati ad interagire con noi. Di notte rimangono liberi ma è costretto a legarne due, che ha individuato essere la testa di battute di caccia notturna, e da quando li lega dormono tutti più tranquilli.
Gianni mi confessa che è un po' appesantito dalle spese per curare e alimentare 20 levrieri ma mi assicura che i suoi cani muoiono tutti di vecchiaia e finchè saranno in vita lui li manterrà, speriamo sia vero.
Solo uno del branco è un Levriero Sardo puro, un recente regalo di un amico, perchè "Il levriero Sardo non si vende".

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L’ALTRA VITA DEI CANI A BALI